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Notizie in pillole sul digitale

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Squid Game, dopo la serie tv Netflix pensa al videogioco

18 Ottobre 2021

Class action virtuali, app e social. Activision Blizzard in queste settimane ha affrontato una tempesta social da parte dei propri clienti. La contestazione è partita dalla citazione in giudizio del Department of Fair Employment and Housing, agenzia governativa col compito di far valere le leggi sui diritti civili. È emersa una vicenda torbida legata ai trattamenti discriminatori basati sul sesso: le dipendenti donne avrebbero subito violenze e avrebbero ricevuto un salario minore, un accesso ridotto alle promozioni, ritorsioni e licenziamenti. Per mitigare le proteste l’azienda ha annunciato persino il rebranding di uno degli eroi del videogioco Overwatch: si tratta di McCree, che deve il nome dall’ex manager Blizzard Jesse McCree, coinvolto nello scandalo sessuale. Forma diventa sostanza: “McCree cambierà nome in qualcosa che rappresenti meglio ciò che Overwatch rappresenta”, si legge nel cinguettio dell’azienda.

Squid Game, dopo la serie tv Netflix pensa al videogioco. Nel giro di poco più di due settimane, la serie tv di Netflix, Squid Games, è diventata la più vista di sempre sulla piattaforma di streaming, scavalcando Bridgerton. L’azienda di streaming avrebbe così intenzione di ampliare il franchise, lavorando un nuovo prodotto ispirato alle vicende dei protagonisti: un videogame. Lo ha affermato, in maniera ufficiosa, Minyoung Kim, vice presidente del contenuto della divisione Asiatico-Pacifica di Netflix, in un’intervista a The Hollywood Reporter. “Abbiamo ricevuto – ha detto – un volume travolgente di richieste con l’obiettivo di ampliare il marchio Squid Game. Il ruolo del mio team è quello di esaminare davvero tutte queste opportunità, per creare una tabella di marcia concreta. Stiamo esaminando diverse aree, dai videogiochi ai prodotti di consumo e altro, per capire davvero cosa possiamo portare al nostro pubblico e aumentare la loro fidelizzazione alla serie, rimanendo fedeli al mondo che il nostro creatore ha costruito”.

La giovane riscossa di Snapchat. Il recente blackout di Facebook si è rivelato un trionfo per Snapchat, con l’aumento delle sessioni del 14% rispetto alla settimana precedente, meglio anche di Telegram e Signal. La risalita dell’app di messaggistica e foto amata dai giovanissimi, era però già partita da qualche tempo, nonostante l’ondata delle star 2.0 su Instagram, YouTube e Tik Tok. Per la piattaforma, durante la pandemia, c’è stato un incremento di quasi 90 milioni di utenti attivi giornalieri (sono 293 milioni, il 69% adolescenti e il 4% over 50), mentre ad aprile i profili attivi erano 530 milioni, con una fanbase sviluppata soprattutto in Nordamerica e una crescita consistente in India. Il successo di Snapchat degli ultimi tempi (il secondo trimestre 2021 ha avuto ricavi per 982 milioni di dollari, +116% rispetto al 2020, e il titolo a Wall Street è cresciuto del 25% da gennaio 2021) è coinciso con la comparsa del Covid-­19, con la tendenza dei più giovani ad attaccarsi allo smartphone: nel terzo trimestre del 2020, il 48% della fascia 15-­25 anni negli Stati Uniti, che era su Internet, ha scelto Snapchat.

Più tutele per la musica in rete. l mercato della musica digitale continua crescere a ritmi frenetici: nel 2020 ha rappresentato più dell’80% dei ricavi dell’intera industria discografica, con una crescita dei ricavi da abbonamenti streaming del 41% nel solo primo semestre del 2021. A fronte di questa crescita esponenziale del mercato, però, denunciano gli autori, non si sono concretizzate le norme che possono dare riconoscimento e valorizzazione, anche economica, al lavoro svolto dai musicisti. Con una lettera inviata nei giorni scorsi al ministro della cultura Dario Franceschini, oltre 2mila autori musicali hanno denunciato le modalità con le quali il governo italiano ha recepito la direttiva Ue sul Copyright. Gli autori ricordano che l’Europa, nella direttiva Ue 2019/790 prevede espressamente il principio in base al quale gli autori e gli artisti (interpreti o esecutori), se concedono in licenza o trasferiscono i loro diritti esclusivi per lo sfruttamento delle loro opere o altri materiali, debbano ricevere una remunerazione adeguata e proporzionata. Su questo, invece, dicono gli autori, il governo non ha preso una posizione specifica e netta, lasciandoli così nelle mani delle piattaforme di streaming online, come Spotify o Apple Music, che hanno il coltello dalla parte del manico.

I musei su OnlyFans: con i nudi. La commissione turismo di Vienna, per evitare la censura su internet delle opere d’arte che contengono corpi nudi, ha aperto un account su OnlyFans, l’unico social che permette di postarne. A luglio TikTok aveva sospeso l’account dell’Albertina Museum per aver pubblicato un’opera dell’artista giapponese Nobuyoshi Araki, con un seno in penombra.

Fallito attacco hacker ai server della Regione. I dati della Regione sono salvi: venerdì mattina i server della Lombardia “sono stati oggetto di un importante attacco hacker, proveniente dall’estero. L’attacco, di tipo DDoS (Distributed Denial of Service), è terminato alle ore 15,10”, spiega una nota di Aria, l’azienda regionale per l’innovazione e gli acquisti, “siamo riusciti a garantire la riservatezza oltre che l’assoluta protezione dei dati dei cittadini lombardi”. Rispetto a quanto avvenuto nel Lazio, dove l’assalto era andato a segno, le protezioni hanno funzionato.

Facebook: dopo caso Haugen rende private chat dipendenti. Per evitare un altro caso Frances Haugen, Facebook ha deciso di rendere private alcune chat tra i dipendenti. Lo ha fatto, secondo il New York Times, intervenendo all’interno di Workplace, la piattaforma professionale del social network. Qui, i dipendenti dell’azienda americana, così come quelli delle altre società, pagando un canone aprono dei profili specifici e possono organizzare il lavoro e le attività extra, tramite chat singole o in gruppo e scrivere sulle bacheche che simulano l’organizzazione dei team.

Le controversie su Facebook segnalano che la sua intelligenza artificiale non è in grado di rilevare in modo coerente incitamento all’odio o violenza. Il vicepresidente per l’integrità di Facebook, Guy Rosen, ha scritto in un post sul blog domenica che la prevalenza dell’incitamento all’odio sulla piattaforma è diminuita del 50% negli ultimi tre anni e che “una narrativa secondo cui la tecnologia che usiamo per combattere l’incitamento all’odio è inadeguata e che travisiamo deliberatamente i nostri progressi” era falso. Secondo il Wall Street Journal, i dipendenti di Facebook incaricati di mantenere i contenuti offensivi fuori dalla piattaforma non credono che la società sia in grado di esaminarli in modo affidabile. Il rapporto del WSJ afferma che i documenti interni mostrano che due anni fa Facebook ha ridotto il tempo in cui i revisori umani si sono concentrati sui reclami per incitamento all’odio e ha apportato altre modifiche che hanno ridotto il numero di reclami. Ciò a sua volta ha contribuito a creare l’impressione che l’intelligenza artificiale di Facebook abbia avuto più successo nel far rispettare le regole dell’azienda di quanto non fosse in realtà.