Per manager e imprenditori la reputazione è un asset abilitante: permette di accedere (o ostacola) opportunità di carriera e investimento. Database come World Check ‘schedano’ infatti migliaia di personaggi pubblici, politici ed executive: conoscere le informazioni contenute in queste banche dati permette di correre ai ripari.
Esiste una forza in grado di modificare le dinamiche e le relazioni tra individui, aziende e persino nazioni? Esiste una simile forza, è invisibile ma tutti ne siamo soggetti: la reputazione. Essa avvolge molte delle nostre scelte ad un livello non consapevole, dal prodotto che compreremo a chi voteremo. Essa è la previsione dell’esito di una relazione. E, al tempo della società in Rete, questa percezione passa per forza di cose anche dalle informazioni che circolano sul web sul nostro conto.
Reputation, cos’è e quali sono le fonti di rischio
La reputazione è quindi un asset abilitante, agisce come un fattore in grado di generare o bloccare opportunità: banche, accesso al credito, rapporto con i fornitori, opportunità di carriere e crescita professionale, networking. Conoscere ciò che la Rete “pensa” di noi è fondamentale per instaurare relazioni virtuose ed efficaci.
La reputazione non è immutabile. Può essere costruita, plasmata, ovviamente non falsificata. Serve etica anche nella reputazione. Ma prima di qualunque intervento di costruzione o modellamento della nostra identità online, occorre conoscere quale sia la nostra immagine percepita. News, forum, social, blog. Dove circola il nostro nome? E cosa si dice sul mio conto? Una delle fonti più spinose per manager e imprenditori sono i database di profilazione e risk intelligence. Nel mondo ne esistono a decine, alcuni dei quali sono addirittura specializzati nel mappare e tracciare identikit di politici, executive, personaggi pubblici. Vengono utilizzati da banche e aziende per valutare clienti e partner e i rischi ad essi associati. Orientano quindi la loro percezione.
L’articolo completo del nostro CEO, Andrea Barchiesi, su Economy:
