Sembra quasi impossibile che al giorno d’oggi qualcuno possa stupirsi di come i social vengano usati in modo “malato”. Eppure una larga fascia di popolazione si sorprende leggendo sui giornali del caso dei The Borderline; di fino a dove ci si possa spingere per la ricerca di nuovi follower, di soldi facili. C’è chi ancora si sorprende leggendo di come l’assassino della giovane diciassettenne di Primavalle utilizzasse i suoi profili social come piazze di spaccio. Tik Tok, Facebook per vendere droga.
Assurdo stupirsi, l’odio corre sui social da sempre
Nessuna novità. L’odio corre sui social da sempre. Li attraversa assumendo le forme più disparate. Più violente. L’uso “malato” dei social non è più una sorpresa ma noi ce ne accorgiamo solo quando diventa notizia. Solo quando, da quel sottobosco in cui si diffonde silenziosamente per anni, finisce per emergere in superficie. Usata per alimentare lo story-telling di un omicidio. Per raccontare qualcosa di una vittima, di un assassino. Come oggi, per Primavalle. Come per molti altri casi prima.
Quel mondo è già lì oggi, sotto i nostri occhi. Senza bisogno di moralismi inutili. È nel racconto delle minorenni che usano OnlyFans per vendere le loro foto e vantarsene con gli amici su Tik Tok o sui loro altri profili. È nelle foto che l’assassino di Michelle postava e di cui oggi parlano i giornali. Le sostanze vendute, i soldi guadagnati. Quel mondo è lì, sotto i nostri occhi. E si muove silenzioso, indisturbato. Così lontano dal mondo reale e allo stesso tempo così vicino. E non c’è bisogno di “far notizia” per accorgersene.
La riflessione del nostro CEO, Andrea Barchiesi, su Economy:
