Boom della tv in streaming. Undici miliardi di stream in un anno, quasi 900 milioni al mese, e un picco col lockdown di marzo: chiusi nelle loro abitazioni, gli italiani hanno guardato oltre un miliardo e 300 milioni di contenuti televisivi on line in trenta giorni. Sono questi i principali risultati di una ricerca annuale condotta da Auditel Digitale.
I misteri e la reputazione di Mister Telegram. «In Italia Telegram, l’app creata nel 2013 dal russo Pavel Durov, ha una reputazione non così cruenta, ma certo non cristallina», scrive il Giornale. Da dove nasce questa cattiva reputazione? «L’unica evidenza – dice Giovanni Ziccardi, professore informatica giuridica Università di Milano – è che tradizionalmente è meno disposta a collaborare con Stati e forze dell’ordine quando ci sono richieste di rimozione di contenuti».
Pubblicità digitale oltre il 50%. Il report Mid Year di GroupM certifica che il calo quest’anno sarà per tutti i mezzi, con un meno 11,2% totale, oltre 17 punti percentuali in meno rispetto al 2019. A fine anno, stima sempre GroupM, il digitale (52%) avrà sorpassato per la prima volta la quantità di investimenti raccolti sui media tradizionali.
Proteste con le app tech. Le manifestazioni scaturite dall’uccisione di George Floyd negli Stati Uniti hanno aperto le piazze di tutto il mondo alla tecnologia. Dopo l’uso di Twitter e Facebook da parte della Primavera Araba e la rivoluzione degli ombrelli di Hong Kong via Telegram, nel 2020 sono cresciute Citizen, Signal e Image scrubber: tre app usate per monitorare le conversazioni della polizia, comunicare in modo sicuro e cancellare volti e informazioni dalle foto scattate.
Dipendenti Tim vendevano a call center i dati degli utenti. Sfruttavano il database aziendale per rivendere contatti e informazioni personali, per un volume di affare di decine di migliaia di euro. «Si chiude oggi una vicenda grave che proprio Tim aveva denunciato alla procura della Repubblica di Roma un anno fa, a seguito di una accurata indagine interna» ha dichiarato la società.
Coca cola e Starbucks contro Facebook. I due colossi si sono aggiunti alla lista di aziende (tra cui Unilever, Verizon, Ben and Jerry’s, Patagonia e North Face) che hanno sospeso o sospenderanno le inserzioni a pagamento sul social, accusato di non fare abbastanza per frenare razzismo e hate speech.
