Tik Tok diventa fonte di notizie durante la guerra
Chi ancora pensa a TikTok come l’app dei balletti e del lipsynch (muovere le labbra sui testi delle canzoni) dovrà ricredersi. Pur rimanendo un palcoscenico, la sua repentina espansione l’ha trasformato in un colosso che veicola informazioni e messaggi di qualsiasi tipo a una quantità di utenti impressionante, cresciuti a dismisura durante la pandemia. Bastano poche note per inquadrarne la dimensione: l’app cinese a settembre ha festeggiato il miliardo di utenti attivi mensilmente; il suo valore di mercato è triplicato nell’ultimo anno da 18,7 a 59 miliardi di dollari, diventando il marchio con la più rapida crescita a livello globale (classifica Brand Finance Global 500). Il quotidiano inglese Telegraph ha recentemente titolato: «Sarà la prima TikTok war?». Secondo Ruslan Leviev, fondatore del Conflict intelligence team (Cit), organizzazione investigativa russa dichiaratasi indipendente, le immagini dei movimenti di mezzi militari postati su TikTok sono una miniera di informazioni. E lo stesso ha dichiarato Benjamin Strick, direttore delle indagini al britannico Centre for information resilience (Cir), che si trova alle prese con questa «opensource intelligence» costituita dai contributi caricati da ragazzi o camionisti o soldati. Ma per l’utente con il cellulare in mano, resta difficile districarsi tra le notizie: si trovano spezzoni di telegiornali, commenti di analisti improvvisati, video propagandistici orchestrati per far pendere l’opinione pubblica verso uno dei due contendenti e clip che spacciano per vere certe immagini prese chissà dove e chissà quando.
I social si schierano durante la guerra
Il Cremlino pretende che YouTube e Facebook blocchino i post che mostrano la guerra; gli ucraini chiedono che le compagnie taglino il servizio in Russia; gli occidentali vogliono che siano bloccati i media statali e la propaganda russa. Alcuni rinomati esperti americani osservano sarcastici che, le aziende big tech vogliono i vantaggi del monopolizzare le comunicazioni nel mondo, ma non la responsabilità di scegliere da quale lato stare, quando la geopolitica lo impone. C’è chi vorrebbe da Facebook e simili una netta scelta ideale e pratica a favore di diritti umani e democrazia, indipendentemente dalla contingenza della guerra russa. Non solo quindi la censura di qualche orrore estremo, ma una dichiarata linea editoriale e il monitoraggio preventivo dei testi e dei video. Ma la responsabilità editoriale è proprio ciò che i social non possono accettare sia perché la rendono impossibile gli utenti anonimi sia perché un qualsiasi “taglio” editoriale mutilerebbe il carattere universale della piattaforma restringendola al campo delle cerchie di idee.
Google blocca le posizioni in territorio di guerra
Google Maps ha iniziato a rimuovere le posizioni inviate dagli utenti all’interno dei confini di Russia, Ucraina e Bielorussia. La misura arriva in risposta alle lamentele sui social di utenti che accusavano Google Maps di ospitare contenuti e posizioni presumibilmente utilizzati per attacchi aerei su città come Kiev e Kharkiv. “Per cautela, stiamo rimuovendo i contributi degli utenti come foto, video, recensioni e informazioni commerciali e tutti i luoghi inviati dagli utenti da Google Maps in Ucraina, Russia e Bielorussia dall’inizio dell’invasione e stiamo temporaneamente bloccando la pubblicazione di nuove modifiche “, ha detto il portavoce di Google, dopo aver esaminato le segnalazioni.

