Da modello tecnologico d’avanguardia ad aereo estremamente inaffidabile. Le sorti del nuovo Boeing 737 Max hanno subito una repentina e imprevista ridefinizione a seguito di due disastri aerei che, in meno di 5 mesi, il 29 ottobre 2018, volo Lion Air 610, e il 10 marzo 2019, volo Ethiopian Airlines 302, non hanno lasciato superstiti, ma tanti interrogativi.
Le analogie tra i due incidenti fanno subito puntare il dito contro quelle stesse innovazioni che avrebbero dovuto essere il fiore all’occhiello del nuovo esemplare prodotto dal colosso americano dell’aviazione. Il dispositivo automatico antistallo, in particolare, pensato per incrementare la sicurezza, avrebbe già dato in realtà diversi problemi a vari piloti.
Subito dopo la tragedia del volo Ethiopian Airlines, le perdite in Borsa per Boeing non si sono fatte attendere e i media si sono immediatamente lanciati nella ricerca delle compagnie che avessero già in servizio nelle loro flotte il 737 Max finito nell’occhio del ciclone.
In Italia la situazione è davvero particolare, e la dice lunga sull’importanza della reputazione per una compagnia aerea. Ma partiamo dal principio.
Nel maggio 2018, Air Italy, la compagnia aerea nata nel febbraio 2018 dalle ceneri di Meridiana, ha presentato a Malpensa la sua nuova flotta, che prevede ben 20 Boeing 737 Max. Il messaggio è stato chiaro e preciso, negli intenti. Nuova compagnia, nuova flotta, e un Chief Commercial Officer, Andrea Andorno, che dichiara: “Siamo un nuovo player destinato a diventare il migliore vettore italiano”.
Dopo lo scorso 10 marzo, tuttavia, Air Italy subisce un drastico e imprevisto cambio di paradigma nella percezione dell’affidabilità della propria flotta e, indirettamente, della propria reputazione. Lo sbandierato nuovo aereo non è più fiore all’occhiello, ma una vera e propria grana: i media non perdono tempo ed evidenziano immediatamente che, nel nostro Paese, il nuovo Boeing 737 Max è in dotazione a una sola compagnia, Air Italy appunto. Libero Quotidiano, l’11 marzo, titola senza mezze misure, in prima pagina e a caratteri cubitali: “All’Italia piace l’aereo che cade. In Etiopia si schianta il nuovo Boeing 737: 157 vittime. Lo stesso modello precipitò a ottobre in Indonesia. E Air Italy ne ha presi 20 per Malpensa”.
Air Italy inizialmente precisa che i propri aerei sono “conformi alle disposizioni”, poi si deve arrendere alla decisione dell’Enac, l’Ente nazionale per l’aviazione civile, che dalla sera del 12 marzo ordina lo stop sullo spazio aereo nazionale al 737 Max, in linea con quanto disposto da analoghe autorità in altri Paesi, e in attesa che le indagini chiariscano cosa sia effettivamente accaduto.
La reputazione, come dimostra questo caso, è un processo dinamico. Anche ciò che può sembrare un punto di forza, può trasformarsi in elemento di debolezza o criticità, rischiando di sedimentarsi per sempre nella rete che non dimentica. In un simile scenario è facilmente intuibile l’importanza di un costante monitoraggio della stessa, al fine di poter intervenire in maniera tempestiva se necessario.
Come questo caso dimostra, inoltre, la reputazione di un soggetto o di un brand è fortemente correlata a quella di terzi, che rientrano nella sua “sfera relazionale”. Così come le euristiche ci insegnano che “chi va con lo zoppo impara a zoppicare”, nello stesso modo, associazioni più o meno semplicistiche possono avere un impatto notevole sulla reputazione e le conseguenti scelte strategiche di un brand. L’associazione tra il Boieng 737 Max ed Air Italy è soltanto uno degli esempi più recenti.
Giovanni Salaris