Non si fa altro che parlare di un’era 4.0, di marketing e comunicazione on line, di intelligenza artificiale o di Elon Musk e delle sue idee futuristiche.
Eppure in questo mondo sempre più analogico e tecnologico esiste una macro area grigia, una falla, un buco nero potete chiamarlo come più vi aggrada. Questo “cancro del web” toglie il sonno perfino ai manager più esperti. Di cosa stiamo parlando? Della reputazione on line connessa al fenomeno delle fake news. Una delle principali minacce globali ad oggi è infatti rappresentata dalla mala-informazione. Recenti studi dimostrano come in un mondo connesso 24 ore su 24, un alto numero di informazioni false possono andare a colpire persone, istituzioni e soprattutto brand e aziende. Anche molti eventi sembrano essere stati semplicemente il risultato di un flusso pilotato di notizie false via web e social. Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti, ad esempio, hanno ricevuto da osservatori politici e da professionisti dell’informazione dure critiche, secondo cui il social di Zuckerberg avrebbe indirettamente agevolato la vittoria di Donald Trump impedendo la diffusione di fake news.
Per cercare di diminuire o quantomeno di ridimensionare il problema, il colosso dei social vuole lanciare Facebook Journalism Project. Di cosa si tratta? Di un’iniziativa volta a rafforzare la collaborazione e il legame tra il social network più famoso al mondo e i produttori di contenuti informativi, dalle piccole organizzazioni locali ai grandi editori. In questo modo si avrà finalmente la possibilità di offrire agli internauti del web 4.0 la conoscenza di cui hanno bisogno per diventare dei lettori informati e consapevoli.
Facebook Journalism Project si dividerà in tre fasi:
Sviluppo dei prodotti di informazione (nuovi formati, attenzione alla stampa locale, ascolto reciproco);
Corsi di aggiornamento e strumenti nuovi per i giornalisti;
Corsi di aggiornamento e strumenti utili per tutti (con la parola “tutti” intendiamo la possibilità di promuovere il cosiddetto “alfabetismo dell’informazione” ad ogni singolo utente del web).
Facebook metterà inoltre a disposizione gratuitamente per gli editori CrowdTangle, strumento utile per scandagliare il social network e analizzare in profondità le interazioni che si svolgono tra i fruitori delle social news.
Infine il social network blu sta cercando di tutelare maggiormente i suoi utenti non solo dalle fake news in generale ma anche da comportamenti che ledono l’identità digitale della persona. Offendere via Facebook o tramite altri social adesso può davvero costare caro. La Corte di Cassazione tutela finalmente anche il mondo on line affermando che «La diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca Facebook integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595, poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone». Chi subisce un’ingiuria on line può sporgere quindi una denuncia indicando il nome dell’account colpevole. Se questi ne ha utilizzato uno falso, la polizia postale è in grado comunque di risalire all’indirizzo internet (IP) del cyber criminale. Insomma qualcosa si sta muovendo nel panorama social e sembra anche verso una giusta direzione. Riuscirà davvero Facebook a mettere KO le fake news e in un angolo i cyber criminali? La battaglia si preannuncia titanica e i risultati, purtroppo per i più curiosi, si potranno vedere solo con il tempo. Nella lingua spagnola “aspettare” si dice “esperar”, perché in fondo aspettare che cos’è se non sperare che accada qualcosa. Quindi non ci rimane che aspettare augurandosi che queste nuove iniziative riescano a trovare soluzioni concrete per la tutela dell’identità digitale e la difesa della reputazione on line.