Rassegna Stampa

Intelligenza artificiale, quali sono le alternative a ChatGpt

Il Garante per la privacy ha chiuso la piattaforma più famosa, ma sono diverse le alternative che utilizzano l’intelligenza artificiale. Vanno utilizzate però con attenzione, perché il problema della gestione dei dati all’ordine del giorno.

Da 24 ore l’Italia è senza ChatGPT, lo strumento più famoso nell’applicazione dell’intelligenza artificiale, è stato disattivato dalla società che lo gestisce dopo che il garante per la privacy ha chiesto alla piattaforma proprietaria di adeguarsi alla normativa italiana sulla privacy.  In sostanza l’accusa principale è quella non di non tutelare i dati degli utenti, ma di pescare nella rete informazioni che assemblate spesso possono risultare distorte, o false, o eventualmente diffamatorie. Subito gli italiani si sono divisi in apocalittici e integrati, cioè in chi vede l’intervento del Garante come un attentato alla libertà di pensiero, e chi invece si è schierato a favore del rispetto delle regole. E poi in molti è prevalso il senso pratico, che li ha portati a chiedersi come si farà senza intelligenza artificiale. I più esperti di computer hanno già consigliato di utilizzare una Vpn straniera, ma in realtà esistono molte alternative e diverse app di scrittura, che hanno le stesse funzioni di chatGPT e sono disponibili sulla piattaforma google play o anche semplicemente in rete. […]

Quale affidabilità ha l’intelligenza artificiale 

A questo punto non rimane che scegliere l’ideale sostituto di quella che era la prima chat (e più famosa) a utilizzare l’intelligenza artificiale. Le versioni di prova servono, però, anche a capire l’affidabilità di questo strumento. Per ora sembra difficile trovare risposte univoche da più chat. Alla richiesta di una biografia di una persona sono arrivate almeno quattro risposte con informazioni diametralmente diverse e tutte sbagliate. “L’errore – spiega Andrea Barchiesi, reputation manager che ha da poco aperto il sito – è continuare a considerare l’intelligenza artificiale come uno strumento che ha capacità cognitiva. In un certo senso l’abbiamo sopravvalutata. Non procede in modo senziente, ma in modo statistico. Ma ci accorgiamo di questo modo di operare solo oggi, perché lo stesso vale per Google e per tutto internet. I motori di ricerca procedono già attraverso brandelli di notizie che vengono assemblati. L’errore è quello di chiedere a uno strumento di avere risposte come se avesse capacità interpretative”.

L’articolo completo con il commento del nostro CEO su Economy (clicca sull’immagine per leggerlo):

Paolo Marinoni

Communication Specialist di Reputation Manager S.p.A. Società Benefit.

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