Chi sale e chi scende nella classifica di gradimento dei leader mondiali? Ce lo dice un sondaggio condotto dal Pew Research Center in 37 paesi del mondo da cui emerge un grande sconfitto: Donald Trump. Ad appena 6 mesi dal suo insediamento, infatti, non solo la reputazione del neopresidente USA è in caduta libera, ma la sua politica ha anche influenzato negativamente la percezione che gli altri paesi del mondo hanno degli Stati Uniti.
Diversi fattori sono stati presi in considerazione nel sondaggio, come l’età, il sesso (e non sorprende che il gradimento per Trump sia molto maggiore tra gli uomini che le donne), l’orientamento politico (e anche qui prevedibilmente Trump riscontra le maggiori simpatie tra gli elettori dell’UKIP, del Front National e della Lega Nord rispettivamente nel Regno Unito, in Francia e in Italia), ma le conclusioni più interessanti, anche per chi è a digiuno di geopolitica, appaiono esaminando i sondaggi divisi per nazione.
Solo il 22% degli intervistati ritiene che Donald Trump sia all’altezza del suo ruolo, un calo verticale rispetto agli ultimi anni dell’era Obama, quando il 64% credeva nel suo operato e nella sua capacità di guidare gli Stati Uniti. La differenza più evidente si nota nei paesi europei, in particolare Spagna, Svezia, Olanda e Germania (addirittura solo il 7% degli spagnoli ha oggi fiducia in Trump), ma anche i due vicini degli States, il Canada e il Messico, vedono con diffidenza il nuovo presidente, mentre sono solo due i Paesi del mondo in cui l’operato di Trump viene visto con più favore rispetto a quello di Obama, la Russia e Israele.
La disapprovazione delle principali politiche di Trump è diffusa a tutti i livelli, dal ritiro degli accordi climatici di Parigi (93% di oppositori in Svezia e Germania) al divieto di ingresso negli States ai cittadini di dieci paesi musulmani (e qui le critiche vengono in massima parte dal Medio Oriente, con il 96% di oppositori in Giordania, e l’88% in Libano, mentre tra i favorevoli all’iniziativa vi sono, oltre a Israele, la Polonia e l’Ungheria) anche se a suscitare opinioni più negative è la decisione di costruire il muro al confine con il Messico (94% di oppositori in Svezia e, prevedibilmente, in Messico).
Ma Trump ha anche contribuito a ridimensionare, in un lasso di tempo molto breve, la visione dell’America agli occhi del mondo. Ben il 39% degli intervistati ha ora una opinione negativa anche degli Stati Uniti, una percentuale paragonabile a quella degli ultimi anni dell’era Bush, e addirittura solo il 50% degli intervistati crede ora che il governo americano rispetti le libertà personali dei suoi cittadini, rispetto al 69% del 2008.
Gli aggettivi negativi che da sempre accompagnano la reputazione di Donald Trump si sprecano, da arrogante (lo pensa il 93% dei canadesi), a intollerante (per l’84% degli spagnoli), a pericoloso (per l’83% dei messicani), mentre perfino le caratteristiche positive che avevano spinto in molti a dargli fiducia, come il carisma, l’attenzione ai cittadini comuni e in generale l’immagine di leader forte, sembrano perdere terreno.
Se Atene piange Sparta non ride, e a fare buona compagnia a Trump quanto a cattiva reputazione ci sono la cancelliera tedesca Angela Merkel (particolarmente impopolare in Grecia e in Turchia, due paesi che hanno spesso vissuto tensioni con la Germania per motivi economici e migratori), il presidente russo Vladimir Putin (sgraditissimo nella confinante Polonia, ma in generale in tutta Europa) e il leader cinese Xi Jinping (poco apprezzato da giapponesi e indiani, ma anche dai cittadini di molti paesi europei).
Tutti comunque sono costretti a cedere il passo ai giovani e popolarissimi Justin Trudeau e Emmanuel Macron, rispettivamente primo e quinto nella classifica di Hottest Heads of State al punto che il web, entusiasta, ha già parlato di “bromance” quando i due si sono incontrati a Taormina per il G7. Che nell’era di Instagram anche i politici, per essere davvero apprezzati, debbano essere giovani, belli e fotogenici? Ma d’altronde, senza dover dare per forza la colpa ai social, anche John Fitzgerald Kennedy vinse il dibattito televisivo con l’avversario Richard Nixon perché era più bello, sorridente e non sudava davanti alle telecamere, ed era il 1960.
Andrea Paura