Secondo quanto emerge dalla nuova edizione del Global Disinformation Index, gli inserzionisti forniscono inconsapevolmente almeno 235 milioni di dollari all’anno a siti di disinformazione. Il 63% degli esperti segnala livelli di preoccupazione elevati e il 42% teme il possibile impatto sulla reputazione della propria azienda. Inoltre, nonostante il 73% degli intervistati ne riconosca l’importanza, meno della metà (il 47%) segnala che le aziende con le quali lavora ha scritto policy chiare su pubblicità e disinformazione. Infine, risulta che l’85% dei consumatori smetterebbe di utilizzare un marchio se visualizzasse gli annunci accanto a notizie false.
Il progetto, partito in Francia l’anno scorso, dà una seconda vita ai prodotti dei marchi partner attraverso il recupero degli articoli usati nell’ottica della sostenibilità. Gli utenti mandano a Veepee gli articoli che non indossano più (utilizzando un’etichetta prepagata per la restituzione) e, in cambio, ricevono un buono da spendere nei negozi o sulle piattaforme e-commerce di quel marchio. Veepee ricicla dunque gli articoli più usurati e rimette in circolo i capi in buone condizioni nel mercato second hand. La società ha chiuso il 2021 con un fatturato da 3,2 miliardi di euro (erano 3,8 nel 2019) e il suo team Italiano è composto ora da 200 persone.
L’azienda, nata nel 1908 da un’idea di Max Hubner, un fiorista di Berlino che faceva consegne in sella al suo cavallo, ha rinnovato completamente il suo sito online in modo tale da permettere ai visitatori di ordinare mazzi di fiori da un catalogo che offre ben 600 composizioni, realizzate da flower artist, con consegne garantite in una o due ore. Ciò con modalità sempre più sostenibili. In Italia, Interflora conta su 1.400 fioristi associati e l’80% degli ordini avviene online. Il business nel nostro Paese vale circa 28 milioni di euro.
Secondo Bloomberg, nel 2025, i mondi virtuali potrebbero arrivare a valere 800 miliardi di dollari, con conseguenze concrete su diversi settori, come gaming, istruzione, ecommerce e banking. Invesco, che ha lanciato il Metaverse Fund – una soluzione d’investimento ad hoc – vede opportunità nelle società che costruiscono piattaforme di questo tipo (come Sandbox, Decentreland e Roblox), ma anche in quelle aziende che sviluppano software di realtà aumentata e virtuale. Con la stessa visione, Fidelity ha dato vita al Metaverse Etf, fondo indice che replica l’andamento delle aziende che sviluppano e distribuiscono prodotti o servizi relativi alla fruizione del metaverso (come Tencent, Alphabet e Apple). Approccio simile anche per il Solactive Etc Gr Global Metaverse.
Lu do Magalu conta più di 30 milioni di follower su vari social e Lil Miquela tre milioni solo su Instagram. Sono entità virtuali, che non esistono nel mondo fisico, create e animate in 3D da agenzie di marketing a scopo di lucro. Ma quanto sono diversi questi influencer da quelli in carne e ossa? Il confine, se considerato il loro effetto sul mercato, potrebbe non essere poi così definito, tanto che, da un’analisi effettuata da alcuni ricercatori dell’Università di Padova e della Nmims University di Mumbai per lo studio “Virtual influencers on social media”, Lu do Magalu guadagna circa 10mila dollari per post, Lil Miquela 8mila e Knox Frost – virtual influencer maschio che ha collaborato con l’Oms per la divulgazione di misure anti Covid – 3mila.
Open Polis registra un ritardo nell’adozione di numerosi provvedimenti attuativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza legati agli obiettivi tecnologici. Un ritardo che potrebbe pregiudicare l’utilizzo dei fondi e indebolire la sicurezza informatica del nostro Paese, proprio ora che risulta al massimo la minaccia hacker di matrice russa.
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